Tra i motivi per cui i commercianti si oppongono all’obbligo di accettare pagamenti con carta vi sono le commissioni POS dovute al fornitore del terminale.

In alcuni paesi, come l’Australia, i negozi possono scegliere di applicare un sovrapprezzo alle transazioni elettroniche, poiché non vietato dalla legge. Ma in Italia è legale addebitare le commissioni al cliente?

Di seguito una breve sintesi delle norme che regolano il rapporto tra negozianti e clienti.

Cosa dice la legge in Italia

Disposizioni in materia giungono dall’art. 62 del Codice del Consumo, dove si stabilisce che:

I professionisti non possono imporre ai consumatori, in relazione all’uso di determinati strumenti di pagamento, spese per l’uso di detti strumenti.

Il termine «professionisti» viene utilizzato con accezione generica, indicando lavoratori autonomi, imprenditori, commercianti e così via.

Ma a impedire la pratica nota come credit card surcharge vi sono anche le direttive europee nonché i regolamenti dei circuiti di pagamento.

L’Unione Europea vieta espressamente l’applicazione di sovrapprezzi associati al metodo di pagamento nella Payment Services Directive 2, meglio nota come PSD2, recepita dal parlamento italiano con il decreto legislativo n. 218 del 2017.

Anticipando le norme poi approvate dalle istituzioni, erano già i regolamenti dei circuiti (PagoBancomat, Visa, Mastercard, ecc.) a porre il divieto sull’addebito delle commissioni POS al cliente. Parliamo dunque di disposizioni contrattuali che lo stesso commerciante si impegnava a rispettare già prima dell’arrivo delle sopraindicate direttive e leggi.

Sempre i regolamenti dei circuiti di pagamento troncano sul nascere le discussioni sugli importi minimi delle transazioni elettroniche.

La risposta breve è dunque «no». Non è consentito addebitare le commissioni sulle transazioni elettroniche ai consumatori.

Quali metodi sono soggetti al divieto?

Il divieto riguarda tutti i metodi di pagamento elettronici, dunque:

  • Carte di credito, di debito e prepagate
  • App
  • Wallet elettronici

Anche quando si tratta di carte di credito premium con commissioni più elevate, il commerciante non potrà applicare tariffe aggiuntive. Per il cliente, il costo totale della spesa dovrà risultare dalla somma dei prezzi esposti, validi per tutti i consumatori.

Stesse regole per qualsiasi strumento elettronico, dalle applicazioni che si servono di QR code ai trasferimenti account-to-account. Non vi è dunque alcuna scappatoia alle imposizioni.

Segnalazione e sanzioni

Il consumatore a cui venga addebitato un supplemento sul prezzo può effettuare una segnalazione all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM).

La procedura è piuttosto rapida, basta infatti compilare un semplice modulo online sul sito AGCM con le seguenti informazioni:

  • la pratica illecita
  • l’impresa o il professionista che la mettono in atto
  • il prodotto o servizio oggetto della pratica scorretta
  • altre eventuali informazioni utili

Il consumatore dovrà inoltre fornire al Garante i propri dati anagrafici e di contatto, nel caso in cui servissero ulteriori chiarimenti per concludere l’indagine.

Al termine delle indagini, qualora la violazione delle norme dovesse essere confermata, il commerciante o professionista rischia una multa che va da un minimo di 2.000 euro ad un massimo di 5 milioni di euro.

Non sono rari i casi in cui sanzioni di diverse migliaia di euro vengono effettivamente inflitte in seguito ad una segnalazione. Vale la pena rischiare? Si direbbe di no, soprattutto in considerazione del fatto che la spesa complessiva per un terminale può essere irrisoria se il commerciante sottoscrive una soluzione adatta alle sue esigenze. Non tutti i POS sono uguali, soprattutto quando si parla di piccole attività.

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