Cosa vuol dire freelance? Quando è obbligatorio aprire una partita IVA? I professionisti devono avere un conto aziendale?

Il presente articolo consiste in una breve guida per rispondere alle domande più frequenti poste dalle persone che intendono intraprendere una professione autonoma.

Proponiamo inoltre una riflessione sul lavoro indipendente, sui vantaggi che può portare ma anche e soprattutto sugli vantaggi da prendere in considerazione.

Cos’è il lavoro freelance? Significato

Comune ormai anche nel linguaggio italiano, il termine freelance deriva dall’espressione inglese freelance worker (o freelancer) e indica molto semplicemente un lavoratore autonomo o libero professionista.

Se prima eravamo abituati ad associare questa parola al mondo del giornalismo per indicare un giornalista indipendente, oggi viene impiegata in modo molto ricorrente, soprattutto in ambito di lavori web.

Chi è un freelance? Tra le professioni “tradizionali” si può definire tale un giornalista, un avvocato, un architetto, un medico o un infermiere – per citare solo alcuni casi – che non abbia un datore di lavoro, ossia colui che lavora in modo indipendente, anche se in maniera continuativa per gli stessi clienti.

La definizione di freelancer viene abbinata ancor più spesso alle cosiddette professioni digitali, quelle nate con l’avvento e la diffusione di internet.

Per molti, infatti, la rete è diventata un mestiere. Tra le professioni online più richieste compaiono i graphic designer, i copywriter, gli articolisti e gli sviluppatori di siti web.

Anche questi ultimi sono naturalmente mestieri che possono svolgersi in un rapporto di lavoro subordinato, cioè come dipendente di un’azienda, tuttavia è inutile negare che oggi le imprese “digitali” (e non solo) preferiscano ricorrere ai lavoratori autonomi per liberarsi di alcuni oneri.

Vantaggi e svantaggi del lavoro autonomo

Essere lavoratori autonomi o liberi professionisti ha alcuni vantaggi ma anche tanti aspetti meno favorevoli da non prendere sottogamba.

È un vantaggio la libertà organizzativa. Pur essendovi scadenze da rispettare, il freelance può gestire orari e giorni di lavoro come meglio crede. Idem per i periodi di pausa, per i quali l’autonomo – organizzandosi preventivamente – ha la possibilità di chiudere bottega in qualsiasi periodo dell’anno.

La realtà però è quasi sempre diversa. Gli svantaggi della professione autonoma sono, nella maggior parte dei casi ma non in tutti, più numerosi dei vantaggi.

Innanzitutto, un lavoratore autonomo deve occuparsi personalmente degli oneri fiscali (dei quali parliamo più avanti), o meglio affidare l’incombenza della dichiarazione ad un commercialista o ad un Centro di Assistenza Fiscale (CAF). Naturalmente ciò implica costi aggiuntivi a quelli delle imposte.

Tornando alla questione ferie, la visione ottimistica proposta in precedenza è vera solo in parte – poiché dipende da una serie di fattori, a partire dal rapporto che concretamente sussiste tra professionista e cliente.

Nelle professioni digitali non è raro che si instauri un rapporto di tipo parasubordinato nel quale il lavoratore autonomo è sottoposto a vincoli organizzativi e sta di fatto alle dipendenze del “cliente” – ma al contempo è soggetto ai doveri fiscali e, soprattutto, non gode dei diritti previsti dal lavoro subordinato (es. ferie retribuite, mensilità extra, ecc.)

Se invece si è a tutti gli effetti autonomi, dall’assenza di un orario imposto potrebbe scaturire la situazione in cui si lavora più di quanto necessario, andando incontro al rischio concreto di burn-out e di conseguenza influendo negativamente sulla produttività.

Per questo motivo la decisione di diventare freelance va ponderata con calma, non tralasciando gli aspetti che solo in apparenza sono marginali ma che nella realtà dei fatti giocano un ruolo fondamentale per il benessere della professione e della persona.

Quando diventa obbligatoria la partita IVA?

Si ha obbligo di apertura della partita IVA quando un lavoro che prima si svolgeva in modo occasionale diventa regolare. In termini pratici, quando i ricavi superano la soglia massima stabilità per legge.

Il lavoro può definirsi occasionale quando le entrate da esso derivanti non superano i 5.000 euro annui per la totalità dei clienti.

Che si abbia un solo cliente, dieci o venti poco cambia: è la somma complessiva di ricavi a trasformare un lavoro occasionale in lavoro abituale, dunque in una professione.

Potrebbe interessarti il nostro articolo Cos’è e come funziona il lavoro occasionale

Come si apre la partita IVA?

La procedura per aprire la partita IVA da lavoratore autonomo è rapida e gratuita.

È sufficiente compilare il modello AA9/12 disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate e consegnarlo in uno dei suoi uffici territoriali.

Sullo stesso portale è presente anche un software per la compilazione del modulo, tuttavia il nostro tentativo non è andato a buon fine (il file da installare sul computer risultava danneggiato).

La compilazione manuale, in ogni caso, non richiede molto tempo. Il modulo disponibile sul sito dell’Agenzia include anche le istruzioni.

Qualora si avessero dubbi è possibile rivolgersi ad un CAF oppure ad un commercialista. Considerando che sarà necessario avvalersi di un consulente fiscale per la dichiarazione dei redditi, forse vale la pena delegare un esperto già a partire dalla richiesta di assegnazione della partita IVA.

Tasse e imposte. Quale regime fiscale scegliere?

La scelta andrebbe sempre discussa con un consulente fiscale ma, in linea di massima, chi si appresta ad iniziare una nuova professione partirà quasi certamente con il regime forfettario, cioè quello meno complesso.

Il regime forfetario è accessibile a lavoratori autonomi e ditte individuali con un fatturato annuo non superiore a 65.000 euro.

Al contrario del regime ordinario e quello semplificato, con il forfettario si applica una sola aliquota – cioè una flat tax – in aggiunta ai contributi previdenziali.

Per approfondire consulta il nostro articolo Differenze tra professionisti e ditte individuali

Il lavoratore freelance deve aprire un conto aziendale?

In breve, no.

Lavoratori autonomi e liberi professionisti non sono obbligati ad aprire un conto corrente di tipo aziendale, vale a dire un conto associato a partita IVA.

È possibile utilizzare un conto di tipo personale, anche quello di cui si è già titolari.

Alcuni professionisti (soprattutto quelli con un flusso di cassa importante) preferiscono separare le finanze personali da quelle professionali aprendo comunque due diversi conti. Quando si hanno molti clienti e/o molti fornitori potrebbe essere necessario un conto online che includa strumenti di gestione e analisi dei movimenti.

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