C’è chi conosce la parola ma non il suo significato, c’è chi questo termine non lo conosce affatto. In entrambi i casi vi è una certezza: tutti si servono dei suoi strumenti, con frequenza quotidiana e con una certa familiarità.
In questo articolo scopriamo la definizione di fintech, ripercorriamo brevemente la sua evoluzione nel tempo e, infine, poniamo uno sguardo alla realtà italiana.
- Fintech
- 1. Abbreviazione dell’inglese Financial Technology, che indica le nuove tecnologie e il loro uso nel dominio della finanzia.
- 2. Il settore d’attività che usa queste tecnologie. In questo si fa semplicemente riferimento alla «fintech» in luogo di «settore della fintech».
- 3. Un’azienda di questo settore: «una fintech».
BankingTech – Raggruppa le cosiddette neobanks o mobile banks nonché gli aggregatori degli istituti bancari. Esempio: Illimity Bank, banca italiana nativa digitale.
PayTech – Offrono servizi finanziari attraverso infrastrutture e strumenti di pagamento, inclusi trasferimenti internazionali. Esempio: Stripe, piattaforma di pagamenti online.
LendingTech – Finanziamenti partecipativi, mutui e crediti a breve o a lungo termine. Esempio: October, piattaforma francese specializzata nel crowdfunding.
InsureTech – Assicurazioni e polizze. Esempio: Oscar Health, compagnia assicuratrice americana in campo sanitario.
WealthTech – Gestione patrimoniale. Esempio: Robinhood, società californiana che si pone l’obiettivo di “democratizzare” gli investimenti.
RegTech – Reg sta per regolamentazione. Le società che rientrano in questa categoria assistono le imprese a rispettare norme e regole nazionali e internazionali (gestione dei rischi, della sicurezza e dell’identità). Esempio: Onfido, azienda londinese che propone tecnologie per la corretta identificazione degli utenti in ambito bancario e finanziario.
Tutti i summenzionati settori hanno avuto un passato nel quale la tecnologia informatica era sì di aiuto ma non essenziale per la loro esistenza. Allo stato attuale, invece, nessuna di queste attività sarebbe in grado di sopravvivere (o semplicemente esistere) senza quanto l’informatica ha da offrire.
Persino le cosiddette banche tradizionali – quelle degli appuntamenti in filiale – operano oggi su un’infrastruttura digitale.
Ad attenderci in filiale ci sarà un addetto che svolge il suo lavoro con un computer, chiede di firmare su un tablet e di eseguire pagamenti o versamenti presso una cassa automatica. La figura dell’operatore di sportello si appresta a diventare obsoleta e perlopiù relegata ad assistere il cliente nelle operazioni da effettuare online, seppur in filiale: il tradizionale è ormai un’illusione.
Cronologia degli eventi principali
È il New York Times [1] ad attribuire all’anno 1866 la prima operazione fintech della storia, quando venne registrata una transazione a distanza, tra Parigi e Lione, grazie al contributo del pantelegrafo di Giovanni Caselli, in quell’occasione utilizzato per la verifica delle firme autografe.
A fine ‘800 nacque il sistema del credito personale attraverso l’uso di piastrine e monete in metallo, mentre nel 1950 Diner’s Club porta alla luce il prototipo di quella che poi, nella prima metà degli ’70, si trasformerà nella prima carta di credito elettronica con l’introduzione della banda magnetica su una tessera in plastica.
Non molto tempo dopo furono poste le basi per la nascita dell’home banking in chiave moderna. Nel 1981, quattro dei maggiori istituti bancari di New York iniziarono a testare una console per consentire ai clienti di operare a distanza. Nello stesso periodo anche in Europa, nello specifico in Scozia, veniva lanciato Homelink della Bank of Scotland; i suoi correntisti potevano consultare da casa gli estratti conto, trasferire denaro da un conto all’altro, pagare bollette e perfino chiedere prestiti.
Sono questi alcuni degli eventi che hanno cambiato per sempre il modo di fruire degli strumenti finanziari, resi possibili – ricordiamo – dal progresso che li ha preceduti in ambito informatico: telecomunicazione, archiviazione di informazioni su supporto digitale.
Il presente: intelligenza artificiale, apprendimento automatico e blockchain
Se in passato le svolte tecnologiche giungevano a distanza di decenni l’una dall’altra, seguite da un’eco mediatica e dalle più fantasiose speculazioni sulla loro applicazione, il progresso in campo informatico è oggi così rapido da far passare in secondo piano tanti piccoli eventi che in sordina si insidiano nella nostra quotidianità.
Nell’epoca in cui tutto sembrava conquistato, a spingere ulteriormente il settore fintech sono il Machine Learning (ML) e l’ormai giornalisticamente inflazionata Blockchain. Tali tecnologie guidano, nel presente, lo sviluppo e il perfezionamento degli strumenti finanziari.
Il Machine Learning è ormai un elemento imprescindibile della finanza. I suoi campi di applicazione sono molteplici: dalla prevenzione e rilevazione di frodi alla consulenza, dal trading algoritmico alla valutazione dei rischi del credito.
Concessione di credito a tempi record
Quello dei prestiti personali è un settore particolarmente vivace. Chiunque sia titolare di un conto corrente online o addirittura di una semplice carta prepagata, si sarà sicuramente imbattuto negli annunci dei cosiddetti mini-prestiti istantanei o, ancora, avrà ricevuto una risposta sorprendentemente rapida alla richiesta di una carta di credito.
La velocità che contraddistingue oggi anche le operazioni più rischiose – come per l’appunto la concessione di credito – è il risultato dell’implementazione di tecnologie quali intelligenza artificiale e machine learning, capaci di effettuare calcoli e valutazioni in tempi rapidi.
L’impiego dell’intelligenza artificiale ha poi aggiunto un ulteriore livello di sicurezza nell’uso dei comuni strumenti di pagamento elettronici, come la carta di credito.
Se negli ultimi anni siete stati vittime di uso fraudolento della carta di credito, è molto probabile che l’istituto emittente vi abbia contattati ancor prima che voi stessi vi siate resi conto del tentativo di frode.
Come si può intuire, una simile prontezza non potrebbe mai essere assicurata se ad occuparsi della prevenzione delle frodi vi fossero esclusivamente persone in carne ed ossa, oppure tecnologie informatiche “poco intelligenti”. Una sola transazione fuori posto fa scattare il campanello d’allarme, e solo in quel momento entrano in gioco le risorse umane.
Robo-advisor
Un campo di applicazione dell’intelligenza artificiale che sta trovando largo spazio nell’attuale panorama fintech è la consulenza finanziaria automatizzata dei robo-advisors.
Trattasi di software sofisticati che, grazie all’uso di algoritmi matematici che esplorano ed analizzano esigenze e richieste dell’investitore, sono in grado di costruire un portafoglio titoli altamente personalizzato. In poche parole, eseguono lo stesso lavoro del consulente finanziario in carne ed ossa, ma in modo molto più rapido e, oseremmo dire, più preciso.
Se fino a qualche tempo fa gli investitori mostravano una comprensibile reticenza, oggi il consulente automatizzato non è più tabù, tanto che alcuni istituti bancari cosiddetti tradizionali hanno visto nei robo-advisors un’opportunità di rinascita e costruzione di una nuova identità del brand.
“La consulenza automatizzata porta in un dispositivo mobile quello che era il colloquio in filiale, rendendo l’esperienza più familiare e meno intimidatoria.” – Joy Schoffler, Executive Board Member della FinTech Professional Association [2]
Passi in avanti anche per Distributed Ledger Technology (DLT), la cui espressione più popolare è rappresentata dalla Blockchain.
Cos’è la blockchain? È “semplicemente” un metodo per archiviare informazioni, racchiudendole in blocchi incatenati tra di loro e disposti in ordine cronologico. Questa struttura lineare permette un aggiornamento rapido del database, e la decentralizzazione delle informazioni – distribuite tra più nodi – conferisce al sistema un elevato livello di sicurezza informatica, difficilmente hackerabile.
Come si traduce ciò in termini pratici? Rispetto ai tradizionali sistemi di telecomunicazione bancaria, l’uso della blockchain rende qualsiasi tipo di operazione praticamente istantanea (anche nei weekend, quando gli istituti finanziari vanno in vacanza) e molto più economica non solo per i consumatori bensì anche per gli stessi istituti. [3]
Se in un primo momento la Blockchain faceva storcere il naso alle banche, poiché osservata in ottica concorrenziale, questa nuova propensione al digitale da parte degli istituti finanziari inizia a portare i suoi primi frutti, anche nel nostro paese.
Qual è lo stato della fintech in Italia?
Se da un lato l’italiana Nexi si appresta a diventare il più grande operatore europeo nel campo dei pagamenti digitali [4], dall’altro, per trovare altre realtà nate nel nostro paese è necessario scorrere le classifiche verso il basso – eppure non si può dire che sia un ambiente amorfo o lento. Si procede a piccoli passi, ma si procede.
Da capitale finanziaria, non poteva che essere Milano a rappresentare il centro nevralgico della scena fintech italiana. La stessa Banca d’Italia ha scelto il capoluogo lombardo per dare vita ad un centro d’innovazione, battezzato Milano Hub, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo del settore attraverso il sostegno a startup, progetti e idee la cui selezione è iniziata nei primi mesi del corrente anno.
Anche Fintech District, «gateway all’ecosistema della fintech italiana», è ospitato dalla città meneghina, dove riunisce più di cento startup internazionali e locali interessate ad un mercato in piena transizione digitale.
La storia delle fintech moderne in Italia inizia oltre venti anni fa, quando Fineco lancia la prima banca completamente online. L’esperienza inaugurata dal Gruppo Unicredit viene poi seguita da MedioBanca (CheBanca!), BNP Paribas (HelloBank) e Monte dei Paschi di Siena (Widiba). Tutte realtà ancora in piedi, ma la cui prosperità è oggi messa a dura prova da una insidiosa concorrenza, quella nativa digitale.
Uno degli attori da tenere d’occhio è il Gruppo Sella, che con il suo SellaLab sposta l’attenzione dalla capitale finanziaria a Biella, storicamente legata al noto istituto finanziario. È dalla cittadina piemontese che parte un’enorme operazione di svecchiamento della scena italiana. Le sue infrastrutture vengono oggi messe a disposizione di altre realtà locali ed europee attraverso il marchio Fabrick, punto di riferimento del Banking-as-a-Service in Italia: tra i suoi clienti d’eccellenza compaiono TIM, Illimity Bank, BPER Banca.
Degna di nota è l’esperienza di Satispay, riuscita nell’impresa di rianimare una tecnologia moderna ma già obsoleta nel mondo occidentale (ma non in Asia): i pagamenti con codice QR. Questi ultimi hanno recentemente trovato spazio anche in Tinaba, prodotto fintech di Banca Profilo che offre peraltro consulenza finanziaria a portata di smartphone, grazie ai robo-advisors.
Meno fortunata è stata la fintech in ambito di investimenti Oval Money, supportata da Intesa Sanpaolo e da oltre 700 investitori che hanno finanziato il progetto in due diverse campagne crowdfunding. L’azienda ha salvato in corner il servizio passandolo nelle mani di un’altra società del settore, la svizzera Guru Capital [5].
Sarà il tempo a parlare per Scalapay, startup emergente nel settore dei pagamenti dilazionati senza interessi, e per Aidexa, fresca di assegnazione di licenzia bancaria. Se non siamo al top delle classifiche europee, dunque, neanche si può dire che l’Italia sia in stallo. Al contrario, si prospettano anni piuttosto vivaci nell’ambiente della finanza tecnologica.
Fonti
[1] Zimmerman E. (2016), The Evolution of Fintech, New York Times
[2] The Rise of Fintech, GoodCall.com
[3] Accenture (2017), Banking on Blockchain
[4] EU’s antitrust gives green light to Nexi’s merger (2021) Reuters
[5] Incorvati L. (2021), Guru Capital rileva Oval Money, Il Sole 24 Ore