Il proliferare di conti online e carte prepagate con IBAN fa sì che i consumatori abbiano maggiori possibilità di scelta, sia rispetto alle condizioni economiche sia in quanto a funzionalità e servizi.

Se oggi possiamo accedere facilmente ad un servizio con sede fuori dal nostro paese di residenza è anche grazie ai regolamenti dell’Unione Europea, che di fatto abbattono i confini nazionali rendendo tali servizi accessibili ed utilizzabili in tutti i paesi UE senza discriminazioni.

Nonostante ciò, ancora oggi sono tante le aziende e perfino gli enti pubblici ad ostacolare l’uso di conti esteri all’interno del proprio paese. È legale? Come può agire il consumatore?

Nel presente articolo scopriamo cos’è la discriminazione IBAN, cosa dicono i regolamenti e cosa fare quando si è vittima di questa pratica scorretta.

Cos’è la discriminazione IBAN?

La discriminazione IBAN – dall’inglese IBAN discrimination– è il rifiuto da parte di aziende, professionisti o enti pubblici ad accettare codici bancari non italiani, seppur rilasciati nella cosiddetta Area unica dei pagamenti in euro (SEPA).

Esempio pratico di rifiuto IBAN

Viviamo in Italia ma siamo titolari di un conto con sede in Francia, il cui IBAN inizia con la sigla FR.

Sottoscriviamo un servizio – ad esempio un contratto telefonico, oppure di luce e gas – ma il fornitore rifiuta la domiciliazione dell’utenza sul nostro IBAN in quanto non italiano.

Altro caso analogo riguarda l’operazione inversa, ad esempio il datore di lavoro rifiuta di accreditare uno stipendio su un conto con IBAN straniero.

Che si tratti di ricevere un pagamento (es. accredito stipendio) o al contrario di effettuarlo (es. domiciliazione utenza), il rifiuto ad elaborare una transazione causa codice bancario non italiano è da considerarsi discriminazione.

Se in passato il fenomeno riguardava prevalentemente stranieri residenti in Italia, oggi la platea di titolari di conti esteri si è estesa in modo significativo tra gli italiani stessi, attratti dalle interessanti offerte di servizi bancari e finanziari con sede nella zona SEPA.

IBAN, SEPA e bonifico europeo

La Single Euro Payment Area (SEPA) è un’organizzazione che raduna tutti i Paesi membri dell’Unione Europea (inclusi gli Stati che non adottano l’Euro come moneta nazionale) e nove Stati extra-UE (Vaticano, Principato di Monaco, Andorra, Norvegia, Regno Unito, Islanda, Liechtenstein, Svizzera, San Marino).

I trentasei Stati hanno acceso ad un sistema unico di pagamento, attraverso il quale possono effettuare trasferimenti di denaro in modo facile, rapido ed economico.

Le modalità di scambio adottate dal sistema unico sono bonifico, addebito diretto (SDD) e accredito (SCT).

Gli scambi all’interno di quest’area si servono di un codice bancario denominato IBAN (International Bank Account Number).

I paesi SEPA usano un modello comune di codice formato da sigla paese (IT per l’Italia, DE per la Germania, LT per la Lituania, GB per il Regno Unito e così via), numeri di controllo, codice identificativo della banca e numero del conto.

È legittimo rifiutare un IBAN?

No, l’IBAN discrimination è illegale. Se intendiamo usare un IBAN SEPA non italiano per pagare un’utenza o per ricevere lo stipendio, la controparte è tenuta ad accettare il nostro codice bancario.

A stabilirlo è il Regolamento UE n. 260/2012, all’articolo 9:

“Tutti i conti di pagamento dei beneficiari raggiungibili per un bonifico nazionale dovrebbero essere raggiungibili anche per bonifici a valere su uno schema a livello di Unione. Tutti i conti di pagamento dei pagatori raggiungibili per un addebito diretto nazionale dovrebbero essere raggiungibili anche per addebiti diretti a valere su uno schema a livello di Unione.”

La violazione delle disposizioni europee può costare caro alle aziende: sono previste sanzioni da 5.000 € a 5.000.000 €. Ne sanno qualcosa Fastweb, Vodafone e WindTre, multate per 600.000 euro e 800.000 euro.

Perché alcune aziende rifiutano i conti esteri?

Viene da pensare che il motivo per cui le aziende rifiutano la ricezione di pagamenti o l’invio di bonifici da e verso IBAN con sigla non italiana sia di tipo economico – e invece non è così.

Le operazioni che avvengono attraverso IBAN SEPA – che si tratti di un bonifico, di un accredito o di un addebito – comportano generalmente le stesse spese di un’operazione domestica. In altre parole, non ci sono differenze se mittente e destinatario appartengono a diversi paesi all’interno dell’Area unica dei pagamenti in Euro.

Nella maggior parte dei casi, le operazioni SEPA sono gratuite o costano frazioni di Euro – ad eccezione dell’eventuale tariffa per la conversione di valuta se il paese destinatario adotta una moneta diversa da quella comune europea.

Cosa si cela, dunque, dietro questa pratica? Quasi sempre il rifiuto è dovuto a sistemi obsoleti per la gestione dei pagamenti. In assenza di aggiornamenti adeguati, i software gestionali non sono configurati per accettare codici bancari che iniziano con una sigla paese diversa da quella locale. Occorre precisare che tale fenomeno non è strettamente italiano, si riscontra in tutti i paesi SEPA.

Grafico: Mobile Transaction – Dati: AcceptmyIBAN.org

Nel 2022 il 41,5% delle segnalazioni ricevute dal sito AcceptMyIBAN sono giunte dalla Francia, seguita da Spagna (15%), Germania (14.7%), Italia (5.2%)

Dati sulle segnalazioni ricevute dal sito AcceptmyIBAN.org nel 2022.

L’obsolescenza dei software è generalmente il motivo per cui ancora oggi le grandi aziende (vedi Fastweb e Vodafone), pur offrendo ai loro clienti servizi tecnologici moderni non sono sempre in grado di addebitare il canone su conti esteri.

Diverso è il caso delle piccole realtà imprenditoriali che, di fronte a un IBAN che non inizia con un familiare IT, guardano con diffidenza e pretendono l’uso di un conto corrente italiano per l’accredito dello stipendio. In questo caso la ragione potrebbe essere, ma solo in modo indiretto, di tipo economico.

Memori delle insostenibili commissioni applicate in passato su qualsiasi operazione sconfinasse il nostro paese, molti imprenditori sono tuttora convinti che il bonifico europeo sia diverso da quello nazionale, e che implichi maggiori costi. Tale distinzione è ormai superata sia dal punto di vista pratico sia da quello tariffario, tuttavia la scarsa conoscenza delle attuali regole influenza negativamente le decisioni delle imprese.

Indipendentemente dal motivo per cui viene commessa la discriminazione, il problema permane e compromette la libertà di scelta del consumatore.

Cosa fare quando in caso di IBAN discrimination?

Se il nostro datore di lavoro rifiuta di accreditare lo stipendio sul nostro conto europeo – o ancora se le compagnie telefoniche e i fornitori di servizi energetici non accettano pagamenti per lo stesso motivo, il consumatore sarà costretto a trovare una soluzione alternativa, vale a dire ad aprire un altro conto corrente.

Come si può intuire, tale costrizione si scontra con il diritto dei consumatori garantito sia da leggi domestiche che da regolamenti comunitari. Come agire, dunque, per far valere i propri diritti?

Innanzitutto si parte con un reclamo.

Naturalmente, a seconda del caso agiremo nel modo più indolore. Se siamo dipendenti in una piccola impresa, ad esempio, avremo la possibilità di spiegare al titolare che oggi non vi è differenza tra conto corrente italiano e conto corrente europeo in termini di costo dell’operazione, e che non avrà alcuna ripercussione dal punto di vista burocratico. In questo caso, ça va sans dire, è nostro interesse risolvere in modo amicale.

Se siamo di fronte ad una grande azienda che rifiuta pagamenti dal nostro IBAN è invece consigliabile partire subito con un reclamo scritto, all’interno del quale faremo menzione del sopraindicato regolamento UE.

Qualora il reclamo scritto non dovesse produrre alcun effetto, è possibile inviare una segnalazione all’AGCM, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in Italia. La stessa segnalazione la invieremo per conoscenza anche alla società in questione.

Prima che qualcosa si muova, però, non potremo fare altro che trovare un’alternativa. In altre parole, appoggiarci ad un altro conto bancario o aprirne uno nuovo. In Italia è ancora possibile trovare qualche offerta economica; abbiamo selezionato alcune proposte nell’articolo di confronto tra conti online.