L’imposta sul valore aggiunto, comunemente conosciuta come IVA, ha un peso enorme sul prezzo finale di prodotti e servizi.
Alcune attività e alcuni prodotti beneficiano tuttavia di un’imposta ridotta in considerazione della loro natura. Tra le eccezioni compaiono il settore della ristorazione, quello alberghiero e ovviamente i beni alimentari.
Nel presente articolo scopriamo in che modo ristoranti, bar, pizzerie e altre attività di questo settore sono sottoposti a tassazione.
La classificazione delle aliquote IVA
In Italia è prevista un’aliquota ordinaria applicata a tutti i beni e i servizi, a meno che non sia diversamente disposto dalla legge.
Quali sono le aliquote previste dalla legge?
- IVA ordinaria 22%
- IVA ridotta 10%
- IVA minima 4%
L’imposta ordinaria è quella più elevata, cioè quella che paghiamo normalmente quando acquistando un prodotto o un servizio. Si può facilmente immaginare quanto incida sul prezzo finale di un bene.
Ad esempio, se acquistiamo dei pantaloni o un paio di scarpe che costano – al netto delle tasse – 60 euro, aggiungendo il 22% di IVA il prezzo finale (cioè quello esposto sull’etichetta) sarà di 73,20 euro (il 22% di 60 è infatti 13,2).
La ristorazione e il settore alberghiero può invece tirare un sospiro di sollievo:
IVA ristoranti e somministrazione di alimenti e bevande
È il DPR n. 633 del 26/10/1972 ad elencare minuziosamente la ripartizione di beni e servizi tra le diverse categorie di aliquote IVA.
L’elenco è stato poi modificato da successivi interventi, tutti riportati nel decreto stesso.
La parte riguardante i ristoranti giunge nella Parte III del decreto, con oggetto Beni e servizi soggetti all’aliquota del 10%.
Dopo un dettagliato elenco di alimenti rientranti nella fascia del 10% – tra cui carne, pesce, grassi, cereali e così via – troviamo il primo riferimento al settore alberghiero, nella sua versione aggiornata dal decreto legge n. 73 del 21 giugno 2022 (Governo Draghi):
[…] 120) prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle strutture ricettive di cui all’articolo 6 della legge 17 maggio 1983, n. 217; prestazioni di ricovero e cura, comprese le prestazioni di maggiore comfort alberghiero, diverse da quelle esenti ai sensi dell’articolo 10, primo comma, numero 18) e numero 19); prestazioni di alloggio rese agli accompagnatori delle persone ricoverate dai soggetti di cui all’articolo 10, primo comma, numero 19), e da case di cura non convenzionate; prestazioni di maggiore comfort alberghiero rese a persone ricoverate presso i soggetti di cui all’articolo 10, primo comma, numero 19) […]
Allo stesso modo, nel decreto si stabilisce che l’IVA ridotta spetta anche al settore della ristorazione:
[…] 121) somministrazioni di alimenti e bevande, effettuate anche mediante distributori automatici; prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto aventi ad oggetto forniture o somministrazioni di alimenti e bevande; […]
L’espressione somministrazione di alimenti e bevande viene a sua volta definita nella legge n. 287 del 25 agosto 1991, all’art.1:
La presente legge si applica alle attività di somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande. Per somministrazione si intende la vendita per il consumo sul posto, che comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all’uopo attrezzati.
Sono dunque incluse tutte le attività di commercio al dettaglio che servono ai loro clienti alimenti e bevande per il consumo sul posto (“nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico”). In termini pratici, per fare qualche esempio, si parla di ristoranti, pizzerie, trattorie, osterie, bar, wine bar, sushi bar, ecc.
Tra gli interventi più recenti all’applicazione delle aliquote vi è proprio una modifica riguardante il settore della ristorazione e della somministrazione di beni alimentari, apportata per agevolare i ristoratori durante l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19.
Delivery e asporto
Appurato che la “somministrazione” fa riferimento al consumo sul posto, o meglio negli spazi appartenenti all’attività commerciale in cui si acquistano, si evince che l’acquisto con consegna a domicilio (delivery) e l’asporto non rientrano in questa particolare categoria agevolata da un’imposta ridotta.
Fino al 2020 queste modalità di vendita erano in effetti soggette ad una tassa del 22%, cioè all’IVA ordinaria, poiché equiparate alla cessione di beni. Come si diceva, è stato l’arrivo della pandemia e il conseguente lockdown a far cambiare idea al legislatore.
Con la Legge n. 178 del 30 dicembre 2020, meglio nota come Legge di Bilancio 2021, consegna a domicilio e asporto sono diventate modalità integrative della somministrazione di alimenti e bevande, dunque sono passate dall’IVA ordinaria a quella ridotta, cioè al 10%.
A tal proposito urge un ulteriore chiarimento. In quanto modalità integrative, i beni oggetto della consegna o del ritiro sul posto devono rispettare gli stessi criteri della somministrazione di alimenti, vale a dire che i prodotti in questione devono essere cotti e pronti al consumo immediato.
L’imposta applicata su bevande (acqua inclusa) e alimenti non cotti sono invece soggetti all’aliquota per loro fissata dal DPR n. 633 del 1972. Resiste in questo caso il principio di cessione di beni anziché quello di somministrazione di alimenti e bevande.
L’imposta sulla cessione di beni alimentari
Occorre sottolineare ancora una volta che quello della ristorazione è un caso particolare, poiché il settore beneficia dell’imposta ridotta sul valore aggiunto (10%) indipendentemente dai cibi e dalle bevande “somministrati”.
Quale IVA viene applicata ai beni alimentari quando si acquistano in un negozio o da un fornitore? Di seguito proponiamo qualche esempio:
- Acqua in bottiglia, bibite, alcolici 22%
- Carne, salumi, pesce, cereali, uova, miele, marmellate, yogurt, zucchero 10%
- Latticini, frutta e verdura, legumi, farina, pane, pasta, olio di oliva, conserve di pomodoro 4%
I prodotti sopraindicati sono solo un piccolo esempio dell’applicazione IVA. Nel già citato DPR n. 633 del 1973 (a fine articolo si può trovare il link al documento ufficiale) vengono elencati in maniera molto dettagliata tutti i generi alimentari.
Quella dell’imposta sul valore aggiunto è inoltre una materia soggetta a variazioni di anno in anno (si pensi al caso del delivery o alla discussa sugar tax).
La gestione delle aliquote con il registratore di cassa
Oggi la gestione delle aliquote è resa un po’ più semplice dall’allineamento delle tasse tra consumazione sul posto, asporto e delivery, tuttavia rimane fondamentale per i ristoratori associare la giusta aliquota al singolo prodotto quando si tratta di contabilità.
Le attività del settore ristorazione acquistano infatti una moltitudine di prodotti soggetti a diverse aliquote. Ad esempio, il prezzo del pane include il 4% di IVA, le bevande il 22%, altri prodotti il 10%.
La contabilità, insomma, rimane una questione complessa e, per tale ragione, si rivela essenziale la scelta di un gestionale che renda quanto più semplici le operazioni contabili.
Quando si sceglie un registratore di cassa telematico, dunque, occorre certamente guardare al suo costo ma anche e soprattutto alla sua efficienza e facilità d’uso.
Mobile Transaction ha stilato un elenco di alcuni software gestionali moderni, cercando di coglierne vantaggi e svantaggi:
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Fonti
- D.P.R. n. 633 del 26/10/1972 (Ministero Economia)
- Legge n. 287 del 25 agosto 1991 (Normattiva)
- Legge n. 178 del 30 dicembre 2020 (Gazzetta Ufficiale)